lunedì 10 novembre 2014

EPOPEA DI GILGAMESH (riassunto dell'epopea babilonese)

Epic of Gilgamesh (Babylonian epic summary)
Эпос о Гильгамеше (Вавилонский эпос резюме)
吉尔伽美什史诗(古巴比伦史诗摘要)


Tutti dovrebbero conoscere l'epopea di Gilgamesh, Re di Uruk, non solo perchè rappresenta il più antico poema epico arrivato ai giorni nostri, ma perchè dietro una relativa semplicità d'espressione, secca e sbrigativa nasconde una grande profondità poetica, descrivendo  attraverso le avventurose vicende di Gilgamesh, incentrate sulla ricerca dell'immortalità, le paure più recondite nell'animo umano, la morte e il suo impossibile superamento. L'epopea classica Babilonese è una raccolta composta da dodici tavolette di episodi descritti anche in opere precedenti di origine sumera. Non si può che rimanere affascinati dalla narrazione della storia, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Qui di seguito propongo un riassunto del poema per chi ancora non lo conoscesse. A margine della sintesi scriverò qualche passaggio, per la traduzione completa del poema visita questo link TRADUZIONE DELL'EPOPEA DI GILGAMESH.

Uruk si trova nell'odierno Irak e le sue origini risalgono al 6000 a.c., divenne un'importante città sumera poi in seguito babilonese, è considerata dai ricercatori la prima metropoli della storia, si stima che la sua popolazione potesse aggirarsi attorno alle 80.000 persone.


La presentazione del grande Gilgamesh
statua di Gilgamesh ritrovata
 a Khorsabad
L'epopea inizia con una solenne descrizione del grande Re Gilgamesh sovrano della città di Uruk. Il giovane sovrano per due terzi divino e per un terzo umano possedeva una bellezza e una forza che nessun uomo sulla terra poteva eguagliare. Il suo cuore impavido lo spingeva continuamente a cimentarsi con nuove avventure costringendo gli uomini della città a seguirlo in queste mirabolanti imprese. Grazie al suo coraggio non esitava a buttarsi neppure negli scontri dall'esito più incerto e senza alcun timore aveva affrontato e sconfitto mostri e fiere di ogni genere. Ma questa sua attitudine suscitò un notevole malcontento tra le mogli e le madri degli uomini che erano costretti a seguirlo dato che l'ego prevaricatore del Re impediva a sui sudditi di vivere in serenità e di dedicarsi alle attività cittadine siccome erano continuamente impegnati in pericolose battaglie.



Tratto dalla tavoletta I - presentazione di Gilgamesh


Di colui che vide ogni cosa, voglio narrare al mondo;
di colui che apprese e che fu esperto in tutte le cose.
Di Gilgamesh,  che raggiunse la più profonda conoscenza,
che apprese e fu esperto in tutte le cose.

Egli esplorò ogni paese
ed imparò la somma saggezza.
Egli vide ciò che era segreto, scoprì ciò che era celato,
e riportò indietro storie di prima del diluvio.
La creazione di Enkidu
Il malessere che Gilgamesh provocava nei suoi sudditi fu tale da arrivare alle orecchie degli Dei che decisero di dar vita ad una creatura che pareggiasse la forza del grande Re e che non avesse timore di affrontarlo, in modo da limitarne la sua irrequietezza. Per questo compito fu incaricata la Dea Aruru che creò Enkidu. Enkidu non fu generato nella condizione umana, ma era una creatura selvaggia che viveva nella steppa dove un cacciatore lo vide e in preda allo spavento avvisò Gilgamesh di quell'incontro. Gilgamesh disse al cacciatore di portare ad Enkidu la Prostituta sacra per ammansirlo e grazie a questa iniziazione Enkidu fu civilizzato raggiungendo lo stato umano. A Gilgamesh apparve in sogno che un uomo bello e potente stava arrivando in città e così stava effettivamente avvenendo. Si trattava di Enkidù che dopo aver raggiunto la condizione umana stava cercando Gilgamesh per affrontarlo e per dimostrare che la sua forza supera quella del Re. Quando Enkidu arrivò in città il Grande Re Gilgamesh era in procinto di accoppiarsi con una novella sposa, per fruire dello jus primae noctis e questo fatto fece infuriare Enkidu che si pose dinnanzi a Gilgamesh impedendogli di compiere il suo volere, così i due si affrontarono.

Tratto dalla tavoletta I - Aruru è incaricata di compiere il volere di An, la creazione di Enkidu
«Tu, Aruru, creastì l'umanità,
ora dai vita al pensiero di An».
«Sia egli la controparte del suo cuore burrascoso,
che possa contrastarlo, ed Uruk ne venga alleviata!».
La dea Aruru udite queste parole

diede vita al pensiero di An.La dea Aruru lavò le sue mani,
prese un grumo di argilla, lo gettò nella piana.
Nella piana lei creò Enkidu, l'eroe,
creatura del silenzio, reso forte da Ninurta.

Lo scontro tra Gilgameh ed Enkidu
La violenza dello scontro tra Gilgamesh ed Enkidu fu tale da far tremare le mura delle città. Per la prima volta Gilgamesh si confrontò con un avversario capace di eguagliare la sua forza e persino di piegarlo come annunciato dai suoi sogni. Enkidu però riconobbe che Gilgamesh era un uomo superiore ad ogni altro ed un grande Re. Dallo scontro anzi che un'eterna lotta, nacque un profondo rispetto reciproco e i due eroi che secondo i piani degli Dei dovevano combattersi diventarono sinceramente amici.

Tratto dalla tavoletta II - scontro tra Gilgamesh ed Enkidu
per Gilgamesh, un rivale simile a un dio fu posto -,
Enkidu bloccava con il suo piede l'accesso alla porta
della casa del padre della sposa;
egli non permetteva a Gilgamesh di entrare:
essi allora si affrontarono davanti alla porta della casa
del padre della sposa;
si rotolarono nella strada, il Paese tutto fu scosso.
Gli stipiti si frantumarono, le mura tremarono.


Gilgamesh ed Enkidu nella foresta dei cedri
Gilgamesh e Enkidu mentre uccido il guardiano della foresta
dei cedri Humbaba.
Gilgamesh propose al nuovo compagno di avventure un'impresa temibile, era determinato ad affrontare Khubaba, il guardiano della foresta dei cedri, un terribile mostro dotato di una forza immane. Enkidu era titubante ma Gilgamesh non gli lasciò alternativa. I due Eroi tremarono davanti al mostro della foresta dei Cedri ma alla fine unendo le loro forze ebbero la meglio uccidendolo. Questa è la prima delle imprese compiute dai due eroi, le stesse imprese che gli Dei credevano di scongiurare inviando un rivale di pari forza a Gilgamesh, ma che diventatogli amico era invece diventato un fedele compagno sempre al suo fianco.

Tratto dalla tavoletta IV - I due eroi uniscono le forze contro il mostro della foresta dei cedri. ( [ ] indica parti mancanti)
Come tori selvaggi, essi si affrontano,
per la prima volta egli muggì, pieno di terrore.

Il guardiano della Foresta grida,
[ ]
Khubaba come un dio grida.

Gilgamesh aprì la sua bocca e disse ad Enkidu:
"Di Khubaba la forza è troppo grande,

da soli non possiamo affrontarlo, [ ]
gli stranieri [ ];
un sentiero tortuoso non è percorribile facilmente
da uno solo, ma da due; [ ]
unendo la forza di noi due [ ]
una corda a tre fili è difficile da rompere

e un forte leone non può prevalere su due leopardi

L'offesa alla Dea Ishtar
Raffigurazione di Enkidu e Gilgamesh mentre uccidono
il Toro celeste
Dopo l'impresa dei due eroi la Dea Ishtar, ammirata dalla impareggiabile bellezza e forza di Gilgamesh tentò di sedurlo, ma ella venne rifiutata da Gilgamesh ricordando l'infausta fine a cui erano destinati i suoi amanti. La Dea umiliata si rivolse ad An, il padre degli Dei, invocando l'invio del Toro Celeste nella città Uruk per provocare distruzione e per uccidere Gilgamesh. Il padre degli Dei in un primo momento rifiutò la sconsiderata richiesta del Dea Ishtar, ma in seguito al ricatto di quest'ultima di far risorgere tutti i morti, nel caso non fosse stata soddisfatta la sua richiesta accettò. Il Toro Celeste mandato sulla terra provocò danni e distruzione uccidendo più di trecento uomini fin che Gilgameh ed Enkidu lo affrontarono e lo uccisero causando l'irrefrenabile ira della Dea Ishtar.

Tratto dalla tavoletta VI - La Dea Ishtar umiliata si rivolge al padre degli Dei.
Quando Ishtar udì queste parole,
Ishtar divenne furiosa e salì al cielo.
Ishtar salì su e al cospetto di suo padre An cominciò a piangere,
le sue lacrime scorrevano al cospetto di sua madre Antu:
"Padre mio, Gilgamesh mi ha umiliata più e più volte!

Gilgamesh ha pronunziato ingiurie contro di me,
ingiurie e offese contro di me!".

La morte di Enkidu
La Dea umiliata chiese ancora vendetta agli Dei che stabilirono che con l'uccisione del guardiano Khubaba e del Toro Celeste i due eroi si erano macchiati di terribili colpe e cheEnkidu doveva morire. Alcuni giorni dopo Enkidu si ammalò e giacque in agonia per dodici giorni durante i quali maledì il cacciatore che lo aveva trovato e la prostituta che tramite l'iniziazione sessuale lo aveva civilizzato e condotto tra gli uomini, salvo poi ritirale in quanto quegli eventi oltre che a condurlo alla morte lo avevano portato da Gilgamesh, compagno d'avventura e amico sincero che lo aveva fatto sedere al suo fianco ricoprendolo di onori. Enkidu morì e per sette giorni il grande Re pianse la sua scomparsa. Questo evento determinò un profondo cambiamento in Gilgamesh che perdette la sua spavalderia e la sua incontenibile voglia di avventura realizzando che la morte era l'inevitabile traguardo della vita, sorte comune a tutti gli uomini.

Tratto dalla tavoletta VII - Enkidi ritira le maledizioni alla Prostituta sacra.
"Perché, o Enkidu, stai maledicendo la mia prostituta
Shamkat?
E' lei che ti offrì da mangiare pane adatto agli dei;
è lei che ti offrì da bere birra adatta ai re;
è lei che ti rivestì di paludamenti splendenti;

è lei infine che scelse per te come compagno il buon Gilgamesh;ed ora Gilgamesh, che è il tuo amico amato,
ti deporrà per riposare in un grande letto;
in un letto destinato all'amore egli ti farà riposare;
ti farà giacere in un luogo di pace, il luogo alla sinistra.

I re della terra baceranno i tuoi piedi,
ed egli farà in modo che il popolo di Uruk possa piangerti,
possa emettere lamenti per te;
e gli uomini robusti si caricheranno il fardello per te;
e per quanto riguarda se stesso egli trascurerà il suo aspetto
dopo la tua morte,
con indosso soltanto una pelle di leone egli vagherà
nella steppa".

Udì Enkidu le parole del guerriero Shamash;
la sua ira si calmò, il suo cuore si placò;
la sua rabbia scomparì.
Il viaggio di Gilgamesh
Assalito da opprimenti pensieri Gilgamesh decise di intraprende un lungo e faticoso viaggio per incontrare Utanapishtim dal quale sperava di riceve il segreto della vita. Utanapishtim era un antenato di Gilgamesh che al tempo del diluvio fu salvato dagli Dei e innalzato al loro paricon il dono dell'immortalità. Dopo la morte dell'amato compagno Enkidu, le imprese di Gilgamesh non erano più rivolte a soddisfate il suo smisurato ego ma a raggiungere l'eroe del diluvio per ricevere il segreto della vita ed evitare l'opprimente sorte che accomuna ogni uomo. Il viaggio fu angosciante, Gilgamesh dovette superare gli uomini scorpione ed attraversare la tenebra a tentoni per molte ore per arrivare al giardino degli Dei dove nessun uomo partorito da una donna era mai stato, qui attraversò le acque della morte che lo separavano dall'isola felice di Dilmun dove incontrò Utanapishtim. Entrare nei dettagli del viaggio sarebbe troppo lungo ma appare chiaro quanto il viaggio sia formativo per la coscienza e lo spirito del Re di Uruk.

tratto dalla tavoletta IX - L'animo affranto di Gilgamesh.
Gilgamesh, per Enkidu, il suo amico,
piange amaramente, vagando per la steppa:
"Non sarò forse, quando io morirò, come Enkidu?
Amarezza si impadronì del mio animo,
1
la paura della morte mi sopraffece ed io ora vago per la steppa;
verso Utnapishtim, il figlio di Ubartutu,
ho intrapreso il viaggio, mi muovo veloce colà.

L'incontro con Utanapishtim e il racconto del diluvio
Tavoletta XI, al suo interno è descritto il diluvio universale
Gilgamesh, al cospetto di Utanapishtim gli chiese come fece ad entrare nella schiera degli Dei e Utanapishtim gli raccontò il suo segreto. Molto tempo fa le persone erano diventate troppo numerose e il loro baccano disturbava il sonno degli Dei, cosi' Enlil adirato decise di inviare un diluvio sulla terra per estinguere tutti gli uomini. Enki, il fratello di Enlil non era d'accordo con questa decisione e di nascosto avvisò Utanapishtim del pericolo imminente, gli disse di costruire un'arca e di entrarci con tutti i suoi famigliari e tutti gli animali. Il diluvio spazzo via tutti tutti gli uomini ma Utanapishtim e la sua famiglia si salvarono insieme a tutti gli animali. Quando il diluvio finì Enlil fu stupefatto nel vedere che Utanapishtim era sopravvissuto e incoraggiato da Enki dichiarò che da quel momento Utanapishtim non sarebbe più stato mortale e che avrebbe vissuto a Dilmun nella lontananza.

Tratto dalla tavoletta XI - La decisione degli dei di mandare il diluvio sulla terra
Utnapishtim parlò a lui, a Gilgamesh:"Una cosa nascosta, Gilgamesh, ti voglio rivelare,
e il segreto degli dei ti voglio manifestare.Shuruppak - una città che tu conosci,
che sorge sulle rive dell'Eufrate -
questa città era già vecchia e gli dei abitavano in essa.

Bramò il cuore dei grandi dei di mandare il diluvio.

Prestarono il giuramento il loro padre An,
Enlil, l'eroe, che li consiglia,
Ninurta il loro maggiordomo,
Ennugi, il loro controllore di canali;
Ninshiku-Ea aveva giurato con loro.
La prova del sonno
Dopo aver raccontato il suo secreto Utanapishtim mise alla prova Gilgamesh con la prova del sonno. Gilgamesh avrebbe dovuto resistere senza assopirsi per sei giorni e sei notti ma affaticato da lungo viaggio sprofondo in un sono profondissimo e quando si sveglio Utanapishtim gli disse che non poteva vincere la morte se che non riusciva a vincere neppure il sonno. 

Tratto dalla tavoletta XI - Gilgamesh non supera la prova del sonno.
Gilgamesh così parlò a lui, a Utnapishtim il lontano:
"Non appena il sonno è sceso su di me,
mi hai subito toccato e mi hai svegliato".
Utnapishtim così parlò a lui, a Gilgamesh:
"Guarda, Gilgamesh! Conta i pani!
Così apprenderai quanti giorni hai dormito.

Il pane del primo giorno è già secco,
quello del secondo giorno è raggrinzito, quello del terzo
giorno è molliccio, quello del quarto giorno ha la crosta bianca,
quello del quinto giorno ha perso colore, quello del sesto
giorno è appena cotto,
quello del settimo giorno era appena stato sfornato, quando
io ti ho toccato".
Gilgamesh così parlò a lui, a Utnapishtim il lontano:

"Ahimè! Come ho potuto fare ciò, Utnapishtim!
Dove potrò andare adesso?
I rapinatori mi hanno intrappolato,
nella mia camera da letto alberga la morte;
dovunque io ponga il mio piede, là c'è la morte".

La pianta e il serpente
Gilgamesh fu travolto da un grande sconforto nel realizzare che neppure l'eroe del diluvio poteva aiutarlo ad evitare la morte ma Utanapishtim lo consolò rivelandogli un'altro segreto. Sott'acqua cresceva una pianta che poteva far tornare giovani, cosi' Gilgamesh andò nel punto che gli era stato indicato e si tuffo per raccoglierla. Quando tornò in superficie con la prodigiosa pianta manifestò l'intenzione di portarla a Uruk per restituire la giovinezza ai vecchi della città e poi ne avrebbe mangiato anche lui stesso. Questo fatto è molto importante e da il senso di quanto questo viaggio sia stato formativo per lo spirito di Gilgamesh, pensando ai vecchi della città, coloro che erano più vicini alla fine delle loro vite prima che a se stesso dimostrò l'evoluzione del suo animo e il valore delle sue esperienza che lo hanno trasformato da egocentrico Re in nobile sovrano. Durante la notte Gilgamesh appoggiò distrattamente la pianta a terra e un serpente sentendone il profumo la mangiò. Il serpente perse immediatamente la pelle e torno' giovane mentre Gilgamesh pianse sconsolato. Ogni speranza di evitare la morte era persa. Gilgamesh fece ritorno ad Uruk dove restauro' i centri di culto distrutti dal diluvio che aveva colpito la terra moltissimi anni prima e continuò la sua vita arrivando alla fine come è destino per tutti gli uomini. Prima di morire fece scrivere tutte le sue fatiche su una stele di pietra e con la scrittura nasce la storia, non solo quella Gilgamesh ma anche quella di tutto genere umano.

Tratto dalla tavoletta XI - Gilgamesh e la pianta dell'irrequietezza.
Gilgamesh parlò a lui, ad Urshanabi il battelliere:
"Urshanabi, questa pianta è la pianta dell'irrequietezza;
grazie ad essa l'uomo ottiene la vita.

Voglio portarla ad Uruk, e voglio darla da mangiare
ai vecchi e così provare la pianta.
Il suo nome sarà: "Un uomo vecchio si trasforma in uomo
nella sua piena virilità".
Anch'io voglio mangiare la pianta e così ritornerò giovane".

Collocazione geografica di Uruk


fonti:


http://civiltaanticheantichimisteri.blogspot.it/2014/11/epopea-di-gilgamesh-riassunto.html#more

Nessun commento:

Posta un commento

Salve! Hi!