venerdì 7 novembre 2014

IL MISTERO IRRISOLTO DELL’ANTICA CITTÀ FUTURISTICA DI PUMA PUNKU

The unsolved mystery of the futuristic ancient city of  Puma Punku
IlНеразгаданной тайной древнего города футуристический Пума Пунку
古城未来“彪马Punku”中的未解之谜


Puma Punku è parte di un ampio complesso o gruppo di monumenti del sito di Tiahuanaco (Tiwanaku), in Bolivia. In Aymara, il suo nome significa “La porta del Puma”. La straordinaria raffinatezza tecnologica del suo sistema costruttivo modulare rimane uno dei misteri invelati del nostro passato, fino a far ipotizzare a qualcuno un intervento non terrestre.



Puma Punku, in Bolivia, è uno dei siti archeologici più intriganti e misteriosi dell’antichità.
Posizionate sull’altopiano andino ad un’altezza di 4 mila metri, alcuni stimano che quelle di Puma Punku siano tra le rovine più antiche delle Terra.
Nella lingua Aymara, il suo nome significa “La porta del Puma”, tuttavia, nessuno sa chi ha progettato e costruito Puma Punku, ne quale fosse il suo utilizzo.
Il mistero di Puma Punku rimane tale sia per gli archeologi e gli storici accademici, che per i ricercatori “alternativi”, i quali indagano l’ipotesi dell’esistenza di civiltà preistoriche avanzate o del contatto con Antichi Astronauti non terrestri.
Puma Punku è parte del più ampio complesso monumentale di Tiahuanaco(Tiwanaku), un ampio sito archeologico nei pressi della sponda sud-orientale del lago Titicaca e approssimativamente 72 km a ovest di La Paz, sede del governo della Bolivia. Indubbiamente, la città precede la presenza Inca in questa parte del Sud America.
Nelle leggende dei locali, si racconta che il vicino tempio di Tiahuanaco sia stato costruito per commemorare l’arrivo a Puma Punku degli Dei venuti dal cielo.
Il mistero impenetrabile di Puma Punku si trova nella precisione e nella complessità delle strutture che pervadono la rovina: porte finemente intagliate e blocchi di pietra pesanti fino a 130 tonnellate perfettamente levigati, senza la minima traccia di segni di scalpello.
Ma ciò che più lascia perplessi archeologi e ingegneri è la presenza di misteriosi moduli in pietra a forma di “H”, tutti della stessa dimensione. L’impressione che si ha è quella di produzione in serie, come se si fosse utilizzato uno stampo.

La levigatura dei blocchi è incredibilmente liscia, i solchi millimetrici praticamente perfetti e le scanalature negli angoli dei blocchi di pietra fanno immaginare una sorta di assemblaggio ad incastro, un qualche sistema modulare di costruzione, lavorati in modo così preciso da poter essere uniti gli uni agli altri in diversi modi. I blocchi venivano uniti e fissati con l’utilizzo di cambrette di metallo.
I blocchi di Puma Punku sono fatti di granito e di diorite. La diorite è una roccia di origine vulcanica dura quasi come il diamante: le cave di diorite più vicine al sito si trovano ad oltre 60 km di distanza.
L’altro grande mistero che aleggia sulle rovine di Puma Punku e Tiahuanaco è il mistero sulla loro fine: guardando le rovine si ha l’impressione di una distruzione avvenuta a seguito di un evento catastrofico. Nel caso di Pumapunku le devastazioni sono ancora più estese. Infatti è quasi impossibile riconoscere la struttura degli edifici ed esistono solo poche pietre vicine l’una all’altra, mentre a Tiwanaku sporadicamente è ancora possibile vedere alcuni muri.
Secondo Jason Yaeger, professore di antropologia presso l’Università del Texas, Sant’Antonio, la città risultava già abbandonata quando gli Incas conquistarono la zona nel 1470. Tuttavia, i nuovi arrivati riuscirono a incorporare Puma Punku e il resto di Tiahuanaco nel loro impero e nella loro cultura.
Gli Incas credevano che la città era il luogo dell’antica venuta di Viracocha, il dio che aveva creato il popolo ancestrale inviato poi nel mondo per popolare i rispettivi territori e dare origine alle varie etnie umane. “Gli Incas avevano riconfigurato le strutture esistenti adattandole alle loro attività rituali”, spiega Yaeder in un articolo comparso su School for Advanced Research.
Quando infatti i conquistadores europei scoprirono il sito, chiesero agli Incas chi avesse costruito Puma Punku ottenendo questa risposta: “Non l’abbiamo costruita noi e neanche i nostri padri. L’hanno costruita gli dei antichi in una sola notte”.

Il problema della datazione

La datazione del complesso di Puma Punku è ancora oggetto di dibattito tra i ricercatori, perché, come è noto, non è possibile eseguire la datazione al carbonio-14 della pietra.
Secondo i risultati della datazione presentati dal professore di Antropologia William H. Isbell, il sito sarebbe stato costruito tra il 500 e il 600 a.C. L’analisi al radiocarbonio è stata eseguita sul materiale organico dello strato più basso e più antico del sito di Puma Punku.
Tuttavia, sono in molti a ritenere il metodo presentato da Isbell come estremamente impreciso. Alcune caratteristiche architettoniche del sito, infatti, farebbero pensare che si tratta di una realizzazione molto più antica: per capire l’età di Puma Punku bisogna guardare Tiahuanaco.
All’inizio del XX secolo l’ingegnere austriaco Arthur Posnansky (1873-1946) dedicò lunghi anni delle sue ricerche alle rovine di Tiahuanaco. L’ingegnere concentrò i suoi studi su una zona del villaggio, dove alcune pietre erano disposte verticalmente.
Posnansky si rese presto conto che i costruttori di Tiahuanaco avevano realizzato un gigantesco osservatori astronomico allineato al Sole e alle stelle. Posnansky osservò che nel primo giorno di primavera, il Sole sorgeva esattamente al centro della porta principale del tempio: è l’inizio di una straordinaria scoperta.
Questi allineamenti astronomici, infatti, gli consentirono di datare il sito: per tutto l’anno il Sole sorge ogni giorno in un punto differente dell’orizzonte. Il primo giorno di primavera si può vedere il sole sorgere esattamente al centro.
Studiando la disposizione del complesso, Posnansky deduce che il primo giorno d’inverno o d’estate, il Sole dovrebbe sorgere agli angoli, cioè in corrispondenza dei pilastri sui lati del tempio. Ma non è così. Gli archeologi “ortodossi” affermano che si sia trattato semplicemente di un errore da parte dei costruttori.
Osservando la perfezione con cui è stato costruito il sito, sembra davvero molto improbabile che i costruttori abbiano potuto compiere un errore così grossolano, sbagliando i marcatori dei solstizi.

Non convinto dell’ipotesi errore, l’archeologo Neil Steede compie un accurato controllo dei calcoli di Posnansky. Misurando la diagonale delle pietre angolari, e comparando l’angolo alla posizione attuale del sorgere del Sole, Posnansky era giunto alla conclusione che Tiahuanaco era stata costruita almeno 17 mila anni prima!
Ma a quell’epoca l’inclinazione dell’asse terrestre era leggermente diversa rispetto a quella di oggi: all’epoca della costruzione del sito, infatti, il solstizio invernale e quello estivo sarebbero sorti esattamente sopra le pietre angolari.
“Grazie agli strumenti astronomici più precisi che oggi abbiamo a nostra disposizione, possiamo dire che la datazione reale di Tiahuanaco risalga a 12 mila anni fa”, conclude Steede. “E questo, dovrebbe far riflettere tutti noi sulla vera origine della civiltà”.

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